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"Risposta Aperta" a un Laico Francescano dell'Immacolata

Signor
Mario Nevano
Sua sede

Egregio Signor Nevano,

Ho attentamente considerato la Sua lettera aperta, apparsa sul periodico “on line” denominato “Libertà e Persona”.

Prima di rispondere dettagliatamente a quanto in essa scrive, mi permetto di osservare che, or non è molto tempo, La ho ricevuta nel mio ufficio di Roma ed ho ascoltato tutti i Suoi argomenti, rispondendo puntualmente e con assoluta franchezza a ciascuno di essi.

Mi rammarica il fatto che da questo incontro non sia risultato il chiarimento che auspicavo, al punto che ora Ella – come peraltro è Suo pieno diritto – manifesta pubblicamente forti critiche nei miei confronti.

Ciò premesso, vengo ad analizzare punto per punto la “summa” delle lagnanze che Ella esprime, configurata come una sorta di enciclopedia delle accuse rivolte a me ed altri Religiosi, con cadenza ossessiva, su numerosi siti tradizionalisti: l’ultima volta è avvenuto alcuni giorni or sono, da parte della Signora Luisella Scrosati, alla quale mi ero riproposto di non rispondere, pur essendone chiamato in causa con la consueta particolare “vis polemica”; dovendo però replicare, lo farò in modo cumulativo, visto che gli argomenti sostanzialmente coincidono.

Ad essi abbiamo pazientemente risposto, nel modo più dettagliato, purtroppo però senza alcun esito, dato che vengono puntualmente reiterati senza tenere in alcun conto le nostre repliche.

Mi accingo comunque a ribattere per l’ennesima volta, e lo farò nel modo più esteso possibile.

In primo luogo, Le ricordo che quanto pubblicato sul sito ufficiale dell’Istituto è da attribuire alla MIA ESCLUSIVA RESPONSABILITA’, dato che riflette quanto penso, e viene da me redatto personalmente.

Padre Alfonso Maria Bruno è il portavoce ufficiale, direttore dell’Ufficio Comunicazione, ruolo che già ricopriva all’interno dell’Istituto prima del commissariamento. Le note ufficiali sono di chi le firma, non di chi le trasmette. Quanto all’aspetto tecnico del portale istituzionale, ci avvaliamo anche di altri religiosi.

So leggere e scrivere fin da quando frequentavo le Scuole Elementari, per cui – grazie all’ispirazione dello Spirito Santo ed ai sacrifici dei genitori – non mi trovo nella necessità di ricorrere ad uno scrivano per manifestare le mie opinioni.

Se Ella ritiene comunque che Padre Alfonso Maria Bruno abbia trasgredito i suoi doveri di Sacerdote, può denunziarlo, e sarà mio compito valutare le contestazione che vorrà formulare.

Le ricordo però che, qualora esse risultassero infondate, Ella incorrerebbe in quelle sanzioni – previste dal Codice di Diritto Canonico – di cui, a quanto constato, è perfettamente informato.

Ella basa inoltre la Sua disapprovazione del comportamento di Padre Bruno sulla lettura di “qualche articolo del professore Francesco Agnoli”, i cui scritti evidentemente determinano – a Sua avviso - una presunzione “juris et de jure” di colpevolezza, che non ammette nemmeno la prova contraria.

Se ne evince che quanto affermato dal Professor Agnoli è da Lei collocato sullo stesso piano della Sacra Scrittura: questo, pur con tutto rispetto dovuto all’illustre studioso, mi sembra piuttosto esagerato.

Vengo ora al fatto che le parole pronunziate da Padre Bruno sono state “registrate”.

Lo stesso Padre Bruno mi ha informato di avere esposto alla Magistratura Inquirente le circostanze in cui tale registrazione è avvenuta, in occasione di una riunione dei laici celebrata a Folgaria, da parte di due loro esponenti che hanno approfittato di una conversazione riservata.

Il Potere Giudiziario stabilirà se il comportamento tenuto da costoro costituisce reato, ma è già assodato che esso è stato comunque gravemente scorretto.

Dato comunque che Ella dispone della registrazione delle parole di Padre Bruno, La invito a trasmettermene copia: se il Religioso ha commesso qualche mancanza nel formulare le sue affermazioni, non esiterò a sanzionarlo; in caso contrario, persisterò nella sua difesa, come è dovere di ogni Superiore nei confronti dei subordinati che agiscono nell’adempimento degli ordini ricevuti.

Ella si riferisce ad una presunta “vaghezza” dell’accusa rivolta a Padre Stefano Maria Manelli.

Non spetta a me esprimere una valutazione a questo riguardo; Le ricordo però che la Santa Sede ha disposto una Visita Apostolica presso il nostro Istituto, e poi ha deciso – in considerazione di quanto risultato al Visitatore – il suo commissariamento.

Inoltre, contro nessuno di questi due atti giuridici è stato presentato alcun ricorso, mentre si è preferito montare una campagna di stampa contro le disposizioni della Suprema Autorità della Chiesa: segno evidente, a mio avviso, che vi è carenza di argomenti giuridici da produrre contro la loro legittimità.

So comunque per certo che Padre Stefano Maria Manelli ha precisamente imposto la Messa in latino come unica forma di celebrazione ammessa nei Seminari e nei Noviziati.

Contro Padre Manelli non esiste logicamente nessun “capo di accusa”, per il semplice motivo che mai egli è stato sottoposto ad un processo canonico.

Ogni imputato (e non ogni “condannato”, come Ella erroneamente afferma) ha diritto alla difesa, ma Padre Manelli NON è – né mai è stato – imputato.

Il provvedimento con cui si è disposto il commissariamento dell’Istituto, che costituisce comunque un atto di tipo amministrativo, e non un atto giurisdizionale, è stato motivato dalla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata; se la motivazione risulta carente, ripeto la mia domanda: “Perché non è stato impugnato?”

Padre Alfonso Bruno ed io non abbiamo compiuto nessuna “irruzione” in convento: se Le risulta che abbiamo agito in questo modo, trattandosi di un reato, perché non lo denunzia all’Autorità Giudiziaria?

E’ vero che io ed il Segretario Generale, accompagnati dal nostro Legale, l’Avvocato Edoardo Boitani di Roma, ci siamo recati a visitare presso la Casa Mariana di Teramo il locale Guardiano, Padre Bernardino Maria Abate, dopo averlo avvertito telefonicamente del nostro arrivo.

Questa visita si è resa necessaria dato che Padre Abate, da me convocato presso la Curia Generalizia di Roma per essere interrogato in merito all’opera da lui svolta in qualità di Economo dell’Istituto, ha addotto una malattia per non presenziare: mi sono dunque recato presso la Casa Mariana di Teramo, dove egli ha acconsentito a rispondere alle mie domande nella sua cella, rifiutando però la presenza di ogni altra persona.

Il nuovo Economo, Padre Immacolato Acquali, ha assistito al colloquio – su mia richiesta – quale testimone fidefacente.

Padre Abate mi è apparso comunque in tale circostanza sorridente e perfettamente a suo agio, e non certo “spaventato”.

Vengo ora alla disanima dello “status” giuridico attuale di Padre Manelli.

Nessun provvedimento da me emanato gli ha mai vietato di essere visitato, tanto meno dai suoi familiari, fino a quando egli, “SUA SPONTE” ha chiesto ed ottenuto di essere ricoverato in una clinica privata di fiducia, il che gli ha reso impossibile sia adempiere ad una mia citazione per un colloquio concernente la situazione dell’Istituto, sia ricevere visite, come affermato dal medico curante con apposita certificazione a me indirizzata.

A questo punto, al fine di tutelare la salute del Religioso, ho disposto che alla prescrizione medica si aggiungesse una prescrizione canonica di eguale contenuto.

Gli ho dunque indirizzato una lettera, pregandolo di fornire le sue risposte per iscritto.

Tali risposte si sono rivelate del tutto evasive ed insoddisfacenti, non avendo egli replicato ad alcune mie semplici domande dirette.

In seguito, lo stesso medico curante mi ha trasmesso una nuova certificazione, in cui si dichiara che Padre Manelli, oltre a non potere ricevere visite, nemmeno può leggere la corrispondenza e rispondere ad essa.

L’isolamento in cui si trova Padre Manelli è dunque da ascrivere alla responsabilità dei sanitari, e non ad una mia decisione.

Comunque, non ho mai affermato che l’ex Superiore Generale, se violasse la prescrizione stabilita nei suoi riguardi, commetterebbe “peccato mortale”: il giudizio morale sui comportamenti delle persone non spetta a me, bensì al Signore.

Quanto ai trasferimenti “forzati e puntivi”, essi sono obbligatori in base al Voto di Obbedienza, cui si aggiunge – per il nostro Istituto – il Voto Mariano, ma non si possono affatto definire “punitivi”, dato che rispondono alle normali necessità di avvicendamento nelle varie sedi.

Non mi stanco di ripetere questo semplice concetto, di cui i redattori dei vari siti tradizionalisti – tra cui la Signora Scrosati - rifiutano di prendere atto.

Alcuni dei Religiosi trasferiti, dopo che i loro ricorsi in opposizione sono stati da me respinti, ne hanno presentati dei nuovi dinnanzi alla Congregazione competente, ma non mi risulta siano stati accolti: segno che gli atti impugnati erano legittimi.

Non si tratta comunque, in alcun caso, di provvedimenti disciplinari.

A proposito delle accuse rivolte a Padre Bruno, che lei considera rispondenti alla “Verità”, con l’iniziale maiuscola, vorrei sapere se è anche Verità che egli sia un “Giuda Iscariota”, e mi limito a citare uno solo dei molti epiteti ingiuriosi che ha ricevuto.

Il documento inviato ai Presidenti delle “MIM” non è stato spedito per lettera raccomandata in quanto non si tratta di un atto di tipo amministrativo; inoltre, Ella sa quanto ci costerebbe inviare decine di lettere raccomandate?

Purtroppo, il Voto di Povertà ci priva dei mezzi economici di cui evidentemente dispongono quanti mandano le loro “denunzie” dalle Filippine mediante corriere privato.

Se possiamo risparmiare qualcosa sulla corrispondenza, lo destiniamo ai bambini africani poveri, o - per l’appunto - ai Filippini che hanno perso la casa.

Il valore legale della mia circolare è comunque provato dal fatto che l’ho emanata personalmente.

Ella dice che la Sua parte non ha “potenti alle spalle”, e che essa è composta da “semplici impiegati, comuni casalinghe, normalissimi muratori (forse definiti tali per distinguerli dai “Liberi Muratori”, che sono tutt’altra cosa): dimentica però di inserire nella lista la categoria cui appartiene, cioè quella degli industriali.

Mi pare però che tra i “potenti” che vi sostengono si debba almeno annoverare l’Onorevole Giuliano Ferrara, Direttore di un quotidiano facente capo al Dottor Silvio Berlusconi: nessuno dei due ha pronunziato – a quanto io sappia – il Voto di Povertà.

Non si è mai domandato ai nostri laici: “Stai con il Papa o con Padre Stefano?”

Al contrario, nel corso della riunione di Folgaria, i Signori Saviano e Fiorentino, abili nell’uso occulto del registratore come novelli “Agenti 007” (speriamo senza licenza di uccidere, anche moralmente) hanno invitato i presenti a dichiarare se erano fedeli al Padre Fondatore.

Al che si è domandato loro quale fosse l’altro termine dell’alternativa, dato che un cattolico deve essere fedele al Papa.

Ho richiesto nella mia lettera a Padre Manelli di chiarire se costoro parlavano o meno a suo nome: il Fondatore non ha risposto.

Quanto alla nostra presunta rabbia, non riguarda la condizione di povertà, che abbiamo scelto liberamente: essa si riferisce piuttosto al fatto che gli Statuti delle associazioni proprietarie delle nostre temporalità (ed Ella è socio, se non erro, di una di esse) sono state emendate in modo da escludere il Superiore Generale da ogni futuro atto di disposizione sui beni.

Questa modifica è stata previamente approvata da Padre Manelli: gli ho scritto domandando se si rendeva conto delle conseguenze per l’Istituto del suo atto, ma egli non mi ha risposto neanche in questo caso.

La nostra preoccupazione non è iniziare da zero o da tre, come Ella afferma parafrasando il titolo di un noto film della buonanima di Massimo Troisi, ma riconoscere e tutelare il carattere ecclesiale dei beni degli Istituti Religiosi di Diritto Pontificio, necessari allo svolgimento delle loro funzioni spirituali.

Quanto ai digiuni, non so se Padre Manelli grazie alla vecchietta di turno che offriva cibo, riusciva ad interromperli; è sicuro il fatto che alcuni Frati hanno iniziato da zero, non nel loro Paese d’origine, ma all’estero, in condizioni ambientali, sociali ed economiche difficilissime, aggravate dalla loro giovane età e inesperienza, trovandosi sovente privi dello stretto necessario senza nemmeno il conforto di una telefonata di incoraggiamento da parte del Superiore Generale.

Forse è precisamente questo il fatto del passato che si intende ora “stravolgere”.

Questo è quanto ha costruito l’Istituto; questa è la storia che Dio conosce anche se qualche uomo finge di ignorarla.

Ci preoccupa altresì che siano stati effettuati, dopo il commissariamento, da parte dell’ex Amministratore Generale dei pagamenti a soggetti che non hanno presentato nessuna fattura e nessun titolo di credito, senza nemmeno informare il sottoscritto.

Concludo con una osservazione sui cinque Padri della comunità fondante di Casa Mariana Frigento, che – visto impossibile stabilire un dialogo con Padre Manelli – si sono rivolti con un esposto alla Congregazione competente, dando origine alla Visita Apostolica e successivamente al commissariamento, come anche a quanto da me modestamente operato: noi tutti ci siamo sempre rimessi alle decisioni della Santa Sede, chiedendo previamente - nel mio caso - che fosse autorizzato ogni atto di governo da compiere.

Pertanto, ciascuna Sua critica si estende alla Congregazione che mi ha nominato, e – al di là di essa – al Romano Pontefice.

Non basta pregare per il Papa: bisogna anche prestargli obbedienza.

Prego Iddio affinché La illumini.

Roma, 6 dicembre 2013

Padre Fidenzio Volpi O.F.M. Capp.

Commissario Apostolico

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