www.ecclesiadei.nl
Introibo ad Altare Dei
Hoofdpagina | Tridentijnse Liturgie | Documenten | Bedevaarten | Links | Contact 
 www.ecclesiadei.nl / documenten / “Analysis on Dignitatis Humanae”

Nota Ufficiale di Chiarimento

Viene pubblicata sul sito “Libertà e Persona”, a firma della Signora Luisella Scrosati, una informazione falsa e destituita di ogni fondamento riguardante il nostro Istituto, e più in particolare il mio operato in qualità di Commissario Apostolico:

"A partire da Padre Stefano Manelli, Fondatore della Congregazione, è stato applicato il Canone 1337 del Codice di Diritto Canonico: una pena espiatoria che lo confina nella diocesi di Cassino".

La norma qui richiamata riguarda l’ingiunzione rivolta a un religioso, di dimorare in un determinato luogo.

Al riguardo preciso che nessuna sanzione canonica, e in particolare nessuna pena espiatoria, è stata applicata dall’Autorità dell’Istituto ad alcun religioso, e tantomeno a padre Stefano Manelli, il quale è stato viceversa interessato esclusivamente da un provvedimento che rientra nelle normali funzioni di amministrazione a me attribuite in virtù dell'incarico che sto svolgendo su designazione della Santa Sede.

Padre Stefano Manelli è stato assegnato, come tutti i religiosi, ad una casa conventuale, e sono state inoltre stabilite le modalità concernenti la sua residenza in essa.

Padre Stefano Manelli non ha in alcun modo impugnato tale provvedimento e non ha espresso alcuna rimostranza al riguardo, né rivolgendosi alla mia persona, né rivolgendosi ad altra Autorità religiosa.

E’ evidente che si persegue il tentativo di qualificare come sanzione disciplinare, e in particolare come pena espiatoria, un provvedimento di tutt'altra natura giuridica, al fine di precostituire motivi d'impugnazione basati sulla mancata osservanza del procedimento da osservare nel caso in cui venga erogata una pena.

Tale normativa non si può però applicare al caso in esame, dal momento che esso non rientra nella materia disciplinare.

Quanto alle modalità riguardanti la residenza di Padre Stefano Manelli nella casa religiosa cui è stato assegnato, ed in cui già per sua scelta abitualmente dimorava, ricordo che egli ha potuto, previa autorizzazione, effettuare tutti gli spostamenti da lui richiesti (per interposta persona) al di fuori del territorio diocesano.

Mi riservo di intraprendere ogni azione legale a tutela dell’onorabilità dell’Istituto, di tutti i suoi componenti e mia personale, sia nell’ambito canonico, sia nell'ambito dell’ordinamento penale dello Stato.

I laici che meritoriamente desiderano porgere all’Istituto il proprio aiuto spirituale, possono farlo unendosi a noi tutti nell’orazione rivolta a Dio, per l’intercessione della Santa Vergine, affinché illumini le nostre menti, dandoci la forza e l’umiltà necessarie per praticare la Virtù della “Devota Obbedienza”.

Il Commissario Apostolico

P. Fidenzio Volpi

__________________________________

REPLICA DEL 9 OTTOBRE 2013

In risposta alla nota di chiarimento di cui sopra, sono stati pubblicati, su "Corrispondenza Romana" e su "Libertà e Persona", due distinti articoli, rispettivamente intitolati "Padre Fidenzio Volpi dà i numeri", a firma "E.B.", e "Risposta a Padre Fidenzio Volpi", a firma della Signora Luisella Scrosati.

In primo luogo, desidero ricordare alla Signora Scrosati come la stessa titolazione dell'articolo pubblicato da "Corrispondenza Romana", nella quale mi si attribuisce una presunta malattia mentale, costituisce l'ennesima manifestazione del linguaggio offensivo nei confronti di alcuni componenti dei Francescani dell'Immacolata nonché della mia pur modesta persona, che caratterizza fin dal suo inizio la campagna di stampa montata sul caso dell'Istituto.

Quanti scrivono sui nostri mezzi di comunicazione non si sono affatto comportati con la "maleducazione" e la "mancanza di rispetto" lamentati dalla Signora Scrosati, essendosi limitati a replicare con fermezza, ma sempre con assoluta civiltà, precisamente alla "maleducazione" ed alla "mancanza di rispetto" dimostrati da altri nei nostri confronti.

Ciò doverosamente premesso, vengo a considerare il merito delle accuse che sono rinnovate nei nostri riguardi.

In primo luogo, la Signora Scrosati prende atto del fatto che non ho applicato nei confronti di Padre Stefano Maria Manelli la sanzione prevista dal Canone 1337, dato che tale religioso non è stato colpito da alcuna "pena espiatoria".

Quanto alla richiesta che la stessa Signora Scrosati mi rivolge, consistente nell'indicare quali altre norme ho applicato nel caso in questione, le rispondo precisando che si tratta in primo luogo del Canone 665, in cui è stabilito che "i religiosi devono abitare nella propria casa religiosa" (Religiosi in propria domo religiosa habitent); in secondo luogo dell'articolo 26 delle Costituzioni dell'Istituto, che così dispone: "Il Voto mariano in forza dell'illimitatezza della Consacrazione all'Immacolata, obbliga alla "missionarietà", ossia a poter essere mandati anche in terra di missione o dovunque sia, per obbedienza".

L'articolista anonimo che pubblica il suo articolo con la sigla E.B. su "Corrispondenza Romana", dopo avere asserito fin dal titolo che "Padre Fidenzio Volpi da i numeri", mi descrive come "un personaggio imperioso e impulsivo, che nella foga cita talvolta a sproposito i numeri del Codice di Diritto Canonico".

Questo stesso Signore esprime quindi la sua meraviglia per la mia minaccia di intraprendere ogni azione legale a tutela dell'onorabilità dell'Istituto, di tutti i suoi componenti e mia personale, sia nell'ambito canonico, sia nell'ambito dell'ordinamento penale dello Stato.

Ricordo all'anonimo contraddittore che noi, figli di San Francesco, coltiviamo in sommo grado l'umiltà, ma ciò non rende lecito praticare nei nostri riguardi l'ingiuria e la diffamazione.

Affermare sul conto di qualcuno che "da i numeri", cioè che si tratta di un malato di mente, costituisce una violazione delle norme penali poste a tutela dell'onorabilità delle persone.

Ribadisco dunque il mio pieno diritto di avvalermi di tali norme.

Quanto alla affermazione dell'anonimo estensore dell'articolo secondo cui avrei applicato nei confronti di Padre Stefano Maria Manelli la norma contenuta nel canone 1337, la Signora Scrosati ha già preso atto che si tratta di una affermazione non rispondente al vero.

Rinvio pertanto il mio anonimo interlocutore alla ritrattazione formulata dalla stessa Signora Scrosati a seguito della mia precisazione.

Tralascio dunque ogni ulteriore replica in merito al mio dovere di motivare l'applicazione di una pena espiatoria quale quella prevista nel canone 1337, dal momento che non ho assolutamente agito in base a tale norma.

Padre Manelli non si trova agli "arresti domiciliari", essendo assolutamente libero di circolare nel territorio della Diocesi in cui si trova la casa religiosa cui è stato assegnato, né viene sottoposto a "libertà vigilata", non essendo stato attribuito a nessuno il compito di "vigilare" sui suoi spostamenti.

Mi sono sostituito al Superiore locale nello stabilire le modalità cui p. Manelli deve attenersi nel risiedere presso la casa religiosa cui è stato assegnato ritenendo poco rispettoso nei confronti della sua persona il fatto di ricevere disposizioni da altri che non rappresentasse la massima Autorità dell’Istituto.

Apprendo con stupore che l'anonimo estensore dell'articolo è stato portato a conoscenza del contenuto di una lettera, destinata a rimanere riservata, da me indirizzata a Sua Eminenza il Prefetto della Congregazione dei Religiosi ed alla Madre Superiora Generale del nostro Istituto femminile.

Poiché l'anonimo articolista compie una valutazione delle norme canoniche relative a quanto deliberato nel Capitolo Generale Straordinario dell'Istituto Femminile, non ho difficoltà a valutarle una ad una nel modo più dettagliato.

Inizio dal canone 583, con cui viene stabilito un limite invalicabile alla potestà concessa agli Istituti di vita consacrata per quanto attiene alla modifica del loro orientamento interno: questo limite è costituito dalla necessità di sottoporre ogni emendamento alla approvazione della Santa Sede.

Tale approvazione, nel caso in esame, non è stata nemmeno richiesta: il che conferma quanto da me asserito circa la nullità della deliberazione adottata, dato che essa esorbita dalla competenza di tutti gli organi sia dell'Istituto Maschile, sia dell'Istituto femminile.

Quanto al canone 580, esso indubbiamente riconosce "l'autonomia canonica dell'Istituto aggregato (nella fattispecie quello femminile)".

A tale autonomia sono tuttavia posti dei limiti, sia da parte del Codice di Diritto Canonico, come già ricordato, sia dalla normativa interna dell'Istituto: più precisamente dalle Costituzioni, la cui modifica - in base al loro articolo 119 - è di esclusiva competenza del Capitolo dell'Istituto maschile, salvo - come già scritto - l'ulteriore esame da parte della Santa Sede.

Tali limiti sono stati manifestamente violati nel caso in esame, poiché il Capitolo Generale dell'Istituto femminile ha preteso deliberare in una materia che non rientra nella sua competenza, modificando le norme che regolano la nomina dei frati incaricati di prestare l'assistenza spirituale nelle case religiose delle Suore.

L'anonimo articolista ricorda infine quanto disposto dal Canone 578, in base al quale "l'intendimento e i progetti dei fondatori (...) devono essere da tutti fedelmente custoditi".

Il contenuto di questo Canone, non essendo in esso stabilito alcun particolare precetto, deve essere considerato di tipo programmatico, e non si tratta dunque di una norma positiva, con la quale il comportamento dei religiosi debba conformarsi.

L'anonimo articolista non conosce evidentemente la distinzione, fondamentale nel Diritto, tra la norma positiva e le indicazioni di carattere programmatico.

Egli ritiene dunque che tale Canone limiti il potere di riformare l'ordinamento interno degli Istituti attribuito tanto ai loro rispettivi organi quanto addirittura alla Santa Sede.

Raccomando una più attenta valutazione della materia giuridica.

Roma, 9 ottobre 2013.

Il Commissario Apostolico

P. Fidenzio Volpi OFM Capp